Studio Commercialista-CAF dott. Froso

LA SRL SEMPLIFICATA: UN CONFRONTO CON LA SRL ORDINARIA

 

 

LA SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA SEMPLIFICATA (SRLS)

 

ORIGINE DELLA SRL SEMPLIFICATA (SRLS)

La società a responsabilità limitata semplificata (SRLS) è stata costituita con la legge numero 27 del 2012, con lo scopo di rilanciare l’occupazione (in particolar modo quella giovanile), inserendo nell’ordinamento giuridico una forma societaria che fosse semplice da costituire.

La SRLS, come anche la SRL tradizionale, è una società a responsabilità limitata: questo vuol dire che i soci non sono responsabili con il loro patrimonio personale, per i debiti della società stessa.

Quindi se si costituisce una SRL, sia tradizionale che semplificata, le uniche somme che si rischiano di "perdere" sono quelle che si sono investite all'interno della società stessa: nessun creditore della società, per nessun motivo, potrà attaccare il patrimonio personale. 

In tal senso, comunque, massima attenzione alla figura degli amministratori e alle possibili azioni di responsabilità, civili e penali, nei loro confronti.

PRINCIPALI DIFFERENZE FRA SRL E SRLS

  • CAPITALE SOCIALE: nella SRLS il capitale minimo che dovrà essere versato per costituire la società va da un minimo di 1 € ad un massimo di 9,999 €. In una SRL ordinaria invece esiste il limite minimo di capitale che ammonta a 10.000 €, mentre non esiste un limite massimo;

  • LO STATUTO: la SRLS deve seguire un preciso modello indicato dalla legge per l’atto costitutivo (che corrisponde al modello di Statuto Societario individuato dal D.M. numero 138/2012). Nel caso invece di SRL ordinaria è necessario attenersi al disposto dell’articolo 2475 del Codice Civile per quel che riguarda il contenuto obbligatorio dell’atto costitutivo, lasciando libertà ai soci di decidere le regole di gestione della società.

  • SOCI: nel caso di SRLS i soci possono essere solo persone fisiche, mentre nel caso di SRL tradizionale soci possono essere anche persone giuridiche;

COSTI E ADEMPIMENTI DI COSTITUZIONE

I costi di costituzione rappresentano una delle grandi differenze fra SRL e SRLS.

La costituzione di una SRLS presenta i seguenti costi:

  • COMPENSI E SPESE NOTARILI: sono pari a zero per legge, il notaio ha l’obbligo di controllare i requisiti dell’atto costitutivo e di depositare entro 20 giorni l’atto presso il Registro delle Imprese, non sono dovute spese per bolli e diritti di segreteria;

  • IMPOSTA DI REGISTRO: € 200,00;

  • DIRITTO ANNUALE CAMERA DI COMMERCIO: € 120,00;

  • TASSA DI CONCESSIONE GOVERNATIVA & VIDIMAZIONE LIBRI SOCIALI: € 309,87. E' necessaria una marca da bollo da 16 euro per ogni 100 facciate per la vidimazione dei libri, la Camera di Commercio richiede un costo fisso di 25 €;

  • CAPITALE SOCIALE INIZIALE: minimo € 1 ma attenzione alle possibili perdite di esercizio che vanno poi reintegrate immediatamente!

Le spese per la costituzione di una SRL ordinaria sono invece le seguenti:

  • COMPENSI E SPESE NOTARILI: non è possibile indicare una cifra fissa, dato che la somma può variare in base alla provincia, alla città e al notaio, indicativamente la cifra si aggira intorno ai 2000,00 / 4.000,00 €;

  • BOLLI E DIRITTI DI SEGRETERIA: € 200 ;

  • IMPOSTA DI REGISTRO: € 200 ;

  • DIRITTO ANNUALE CAMERA DI COMMERCIO: € 120,00

    TASSA DI CONCESSIONE GOVERNATIVA & VIDIMAZIONE LIBRI SOCIALI: € 309,87. E' necessaria una marca da bollo da 16 euro per ogni 100 facciate per la vidimazione dei libri, la Camera di Commercio richiede un costo fisso di 25 €;

  • CAPITALE SOCIALE: minimo € 10.000.

Il totale dei costi minimi per la costituzione di una SRL ordinaria sono dunque di circa 5.000 euro piu' minimo altri 5.000 euro di capitale sociale contro i 650- 900 di una SRLS. 

COSTI DI GESTIONE ANNUI

Dopo il primo anno di attività la società (sia srl ordinaria che semplificata) dovrà sostenere i seguenti costi: 

  • DIRITTO ANNUALE CCIAA: € 120,00;

  • TASSA VIDIMAZIONE LIBRI SOCIALI: 309,87;

  • DEPOSITO BILANCIO: 130,00;

  • CONSULENZA FISCALE & ASSISTENZA CONTABILE: si tratta della voce più importante e che varia da professionista a professionista, in relazione alle singole esigenze della società, è possibile ipotizzare una somma che parta dai 250/300 euro mensili considerando una media di 400/500 euro mensili per le società piu' piccole in termini di dimensioni e di complessità amministrativa gestionale;

  • CONSULENZA DEL LAVORO: la cifra varia in relazione al numero dei dipendenti della società. 

In totale, i costi fissi annuali per la gestione di una SRL (ordinaria o semplificata) possono variare dai 2500 fino ai 6000 euro, sempre per società di piccole dimensioni.

Inoltre, come specificato sopra, il capitale sociale minimo da versare in una SRL ordinaria è di 10.000 € minimo, di cui il 25% verrà versato in sede di costituzione (100% in caso di SRL unipersonale), la somma minima quindi da impegnare inizialmente nella società si aggira attorno ai 5.000,00 €. Tali versamenti poosono essere sostituiti da polizze fidejussorie.

A questi vanno aggiunti:

- IRES: che ha un aliquota del 24% calcolata sulla differenza tra ricavi imponibili e costi deducibili in base alla normativa fiscale;

- IRAP: l’imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota che varia da regione a regione, normalmente 3,9%;

- INPS: iscrizione obbligatoria al momento dell’apertura indipendentemente dai ricavi o perdite che subirà la società mimino contributivo di circa 4000 euro annui;

- INAIL: in relazione al rischio dell'attività lavorativa che si denuncia; 

- IRPEF: i soci sono soggetti al pagamento dell’imposta sostitutiva del 26% sul reddito per le persone fisiche per i dividendi percepiti.

ADEMPIMENTI CONTABILI

Dal punto di vista contabile non è prevista alcuna agevolazione specifica per le SRLS, che devono quindi ottemperare agli stessi adempimenti di una SRL tradizionale.

Le imprese in contabilità ordinaria sono tenute ad aggiornare i seguenti libri contabili:

- REGISTRI IVA, con il registro delle fatture emesse e/o dei corrispettivi, il registro degli acquisti e altri obbligatori in base all'attività esercitata;

- REGISTRO DEI CESPITI dove vengono annotati gli acquisti dei beni ammortizzabili indicandone il costo originario, rivalutazioni e svalutazioni, fondo ammortamento, quota ammortamento, e coefficiente di ammortamento;

- LIBRO GIORNALE, dove vengono registrate tutte le operazioni economico, patrimoniali e finanziarie in ordine cronologico;

LIBRO INVENTARI, all'interno del quale vengono riportati la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore;

Oltre alla tenuta dei registri obbligatori menzionati in precedenza, per aderire al regime di contabilità ordinaria è necessario registrare tutte le entrate e le uscite dell’azienda. Tali scritture contabili costituiscono la cosiddetta “partita doppia”.

VANTAGGI E SVANTAGGI 

Per quanti riguarda i vantaggi abbiamo già visto in precedenza le spese ridotte necessarie ad aprire una SRLS mantenendo la responsabilità limitata al capitale investito.

Un capitale sociale troppo basso non consente però né di sostenere le spese iniziali necessarie (affitti, acquisto di beni strumentali quali computer, software, ecc.) né, tanto meno, di ottenere la fiducia di banche-creditori per richiedere eventuali prestiti.

Il Codice Civile stabilisce che, se vengono conseguite perdite superiori ad un determinato importo, i soci devono intervenire per decidere se rifinanziare la società o portarla in liquidazione.

Il capitale sociale serve, dunque, per quantificare l’incidenza delle perdite di esercizio per cui il superamento di determinate soglie fa si che i soci siano obbligati ad intervenire, ricapitalizzando la società.

Se tale capitale è rappresentato da 1 € appare ovvio che nel caso in cui nei primi anni di attività si verifichino delle perdite d’esercizio i soci saranno obbligati a rifinanziare la società “di tasca propria” per coprire la perdita subita, pena la messa in liquidazione della società stessa.

Sono previsti costi di gestione amministrativi-fiscali-contabili per professionisti come il commercialista ed il consulente del lavoro.

 COSA NON PUO' FARE UNA SRLS

Lo Statuto è standard pertanto la SRLS non puo', a titolo di esempio:

  1. stabilire quali decisioni l'amministratore puo' prendere da solo o necessita dell'autorizzazione dei soci;

  2. regolamentare la cessione delle quote. Ogni socio in una SRLS puo' in qualsiasi momento cedere le proprie quote senza informare gli altri soci e senza rispettare prelazioni e diritti;

  3. limitare la possibilità di successione nelle quote: se muore un socio in una SRLS si deve accettare l'entrata dell'erede o di un soggetto indicato nel testamento, senza porre limitazioni;

  4. la SRLS non puo' introdurre specifici casi di recesso di un socio, al di la di quelli standard previsti nello Statuto;

  5. la SRLS non puo' adottare clausole arbitrali in caso di conflitti tra soci;

  6. la SRLS non puo' prevedere assemblee via internet;

  7. la SRLS non puo' fissare particolari diritti a favore di soci;

  8. la SRLS non puo' fare crowfunding o emettere titoli di debito.

LE NUOVE NORME SULLE FUNZIONI DI CONTROLLO E REVISIONE NELLE SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA (SRL)

Il 16 marzo 2019 è entrato in vigore l'articolo 379 del codice della crisi d'impresa (D.lgs 12 gennaio 2019 n. 14), con modifiche importanti all'articolo 2477 del Codice Civile.

Si tratta di modifiche relative all'organo di controllo delle società a responsabilità limitata e delle cooperative a responsabilità limitata: sono stati modificati in diminuzione i limiti per la nomina dell'organo di controllo o del revisore unico.

Il nuovo art. 2477 C.C. prevede che:

"la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

  1. ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:

    1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro;

    2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro;

    3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unità." 

Oltre alla nomina le società con le caratteristiche sopra descritte devono, se necessario, uniformare l'Atto Costitutivo e lo Statuto (unicamente in presenza di clausole non conformi a quanto indicato dall'articolo 2477) entro il 16 dicembre 2019.

Le società disciplinate da statuti che non contengono norme da modificare (e che, quindi, tacitamente o esplicitamente, si rimettono alla legge) sono disciplinate dalle nuove norme fin dal 16 marzo 2019.

IL CASO DEGLI STATUTI CHE NON ESPRIMONO NESSUNA REGOLA SUL CONTROLLO E REVISIONE

Se lo statuto fa un generico rinvio alle norme di legge generali oppure non stabilisce nulla in tema di controllo e revisione potrebbe accadere che non sia possibile nominare un revisore o un organo di controllo in quanto tale possibilità dovrebbe essere prevista in modo esplicita dallo statuto.

Nel caso fosse invece obbligatorio si dovrebbe nominare, alternativamente, o un revisore o un sindaco unico perchè l'organo collegiale dovrebbe anch'esso essere previsto in statuto.

Attenzione poi che non sempre il sindaco unico si puo' occupare di revisione: anche in questo caso lo statuto lo deve prevedere.

Nel caso in cui venga nominato solo il revisore egli non svolge sia il controllo contabile che il controllo della gestione ma solo il primo.

IL CASO DEGLI STATUTI CHE PREVEDONO COMUNQUE UN CONTROLLO FACOLTATIVO (NON OBBLIGATORIO AI SENSI DELL'ARTICOLO 2477 C.C.)

In situazioni di questo tipo:

  1. o si nomina siolo un revisore;

  2. o si nomina solo un organo di controllo (sindaco unico o collegio sindacale);

  3. o si attivano sia le funzioni di revisione che quelle di controllo attribuendole a due soggetti distinti;

  4. o si attivano le funzioni come al punto 3 ma affidandole al solo organo di controllo che nel caso fosse collegiale deve essere composto solo ed esclusivamente da revisori (articolo 2409 bis comma 2 C.C.).

IL CASO DEL CONTROLLO OBBLIGATORIO PER SUPERAMENTO DEI LIMITI MINIMI AI SENSI DELL'ARTICOLO 2477 C.C.

In questi casi si può optare per:

  1. nomina del sindaco unico o del collegio sindacale (con il compito del controllo della gestione) e di un revisore (con il compito del controllo contabile);

  2. nomina solamente del sindaco unico o del collegio sindacale (con il compito del controllo della gestione e di revisione contabile) e non del revisore con l'applicazione della norma di cui all'rticolo 2409 bis C.C. Citata sopra;

  3. nomina solamente del revisore (con il solo compito del controllo contabile) e non dell’organo sindacale. 

LE ASSOCIAZIONI NON ETS (ENTI DEL TERZO SETTORE NON ISCRITTI AL REGISTRO): COMMERCIALITA' DEGLI INCASSI

Il Decreto Legislativo numero 117 del 3 luglio 2017 costituisce il cosiddetto “Codice del Terzo Settore”, ovvero una raccolta codificata ed organica di norme che disciplinano solo ed esclusivamente gli enti non commerciali (ad esempio associazioni od organizzazioni di volontariato) che si iscriveranno ad un Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

Tratteremo in un altro articolo le modalità di iscrizione a detto registro.

Cosa accade, invece, alle associazioni che non si iscrivono?

Per essere continueranno ad essere applicate le norme tributarie in vigore mentre alcune norme di carattere civilistico saranno di fatto abrogate con l'entrata in funzione del RUNTS (ad esempio le norme in vigore per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, di fatto obbligate a iscriversi al suddetto registro).

IL CASO DELLE ASSOCIAZIONI CHE NON SI ISCRIVONO AL RUNTS

Per questa tipologia di associazioni continueranno ad applicarsi le seguenti norme di tipo tributario:

  1. articolo 143 comma 3 TUIR (DPR 917/1986) (tema le raccolte pubbliche di ofndi e i contributi pubblici);

  2. articolo 144 commi 2,5 e 6 TUIR (DPR 917/1986) (tema gli obblighi contabili);

  3. articolo 148 TUIR (DPR 917/1986) (enti di tipo associativo);

  4. articolo 149 TUIR (DPR 917/1986) (perdita della qualifica di ente no profit);

  5. legge n.398/1991 (sistema forfettario di determinazione del reddito per ASD e altre tipologie di enti no profit).

LE ATTIVITA' NON COMMERCIALI E QUELLE COMMERCIALI DELLE ASSOCIAZIONI NON ETS

La base normativa è dunque da ricercarsi nell'articolo 148 del TUIR sopra citato.

In generale non sono considerate “commerciali” le attività svolte dalle associazioni nei confronti dei soci, associati o partecipanti se conformi alle attività istituzionali.

Questa premessa generale non è però sufficiente per chiarire la norma in vigore: vediamo allora di esaminare due casi concreti di incassi, i piu' ricorrenti nella fattispecie generale sopra citata: il caso dei contributi o quote associative e quello dei corrispettivi (o contributi) per lo svolgimento di servizi o cessione di beni inerenti i fini dell'associazione.

LE QUOTE ASSOCIATIVE

Questi incassi hanno la caratteristica che sostengono l'associazione senza una diretta prestazione di servizio ricevuta dal socio: vanno a coprire le spese generali di funzionamento e organizzazione dell'associazione attinenti ai fini istituzionali (non commerciali) dell'ente.

Sono spesso richieste in fase di iscrizione all'associazione e di mantenimento dell'iscrizione ma attenzione possono anche riguardare eventi straordinari con spese non preventivate ,ma necessarie a mantenere in vita l'associazione stessa.

Questa tipologi di incassi è considerata non commerciale purchè chiaramente l'associazione svolga attività istituzionale in modo convreto e veritiero.

Il socio riceve in cambio della quota il diritto di partecipare alla vita associativa, cosi come regolato nello statuto e/o nei regolamenti interni ma non riceve una prestazione specifica di servizio o un bene.

Le quote associative dovrebbero coprire spese generali come ad esempio il costo del commercialista o l'affitto della sede.

I CONTRIBUTI AI CORSI E ALLE ATTIVITA' SVOLTE DALL'ASSOCIAZIONE

In questo caso vale la pena di “accendere” la classica “lampadina”.

Si tratta degli incassi dei corrispettivi che vengono chiesti per partecipare ad un corso, un seminario, un convegno o un qualsiasi evento oppure per la cessione di qualche bene (ad esempio magliette, gadgets, beni autoprodotti in laboratori didattici ecc.....).

Per evitare che si debba aprire partita IVA ed emettere fattura e quindi considerare non commerciali tali incassi, rammenatre il seguente vademecum:

  1. gli eventi, i corsi o i seminari devono rientrare nell'attività istituzionale prevista dallo statuto e nei fini generali di tipo sociale che l'ente dovrebbe perseguire in via prioritaria;

  2. non ci deve essere un'organizzazione “rilevante” a monte

  3. solo i soci o partecipanti all'attività possono accedere ai servizi offerti o ricevere i beni proposti dall'associazione;

  4. il prezzo richiesto non deve essere superiore ai costi diretti che l'associazione sostiene per produrre quel servizio o quel bene.

Approfondiremo casi specifici di associazioni in un altro articolo tuttavia a corredo del sopra citato vademecum mi preme rilevare che occorre la massima attenzione in caso di pubblicizzazione di eventi e corsi: una massiccia campagna pubblicitaria (come talvolta osservo per corsi di vario tipo) potrebbe configurare agli occhi del fisco un'organizzazione ai sensi del punto 2 obbligando l'associazione ad aprire partita IVA e a tenere le scritture contabili. 

Infine sottolineo che anche la figura del “partecipante” tutela in qualche modo l'associazione, soprattutto nel caso di associazioni culturali che svolgono attività a favore di scolaresche e studenti.

Last but not least la difficoltà di applicazione del punto 4: i costi diretti! E' curioso come il fisco rimandi ad un concetto tanto caro a chi trascorre o a trascorso ore e ore su libri di ragioneria applicata ed economia aziendale! Ma lo spiegheremo......

I SOCI LAVORATORI E I SOCI VOLONTARI NELLE COOP SOCIALI

Le cooperative sociali costituiscono una delle forme giuridiche mediante cui viene svolta l'impresa sociale e fanno parte del cosiddetto Terzo Settore.

La normativa che le regola deve quindi fondersi o integrarsi con quella che disciplina gli Enti del Terzo Settore (ETS) e in particolare l'Impresa Sociale.

LE CATEGORIE DI SOCI NELLE COOPERATIVE SOCIALI

Nelle coopertaive in generale sono due le categorie di soci: quelli interessati al rapporto o scambio mutualistico cui è mirata l'attività (soci cooperatori) e quelli interessati ad investire nel capitale della coop per ragioni di mero interesse finanziario (soci finanziatori).

Per entrambi vigono limiti connessi alla figura di socio: per i cooperatori vi sono divieti di ricevere utili o quote delle riserve di patrimonio netto sia durante la vita della coperativa che in occasione dello scioglimento della stessa, per i finanziatori vigono limiti in sede di potere di voto e di scelte “politiche” all'interno della società, come nel caso di scelta degli amministratori.

Per le cooperative sociali esistono due figure di soci particolari: i soci lavoratori e i soci volontari.

I SOCI LAVORATORI

Ai fini previdenziali, assistenziali e di tutela infortuni e sicurezza nei luoghi di lavoro questi soci hanno le stesse tutele deilavoratori subordinati cui sono assimilati.

I soci lavoratori possono essere di tipo ordinario quando traggono un'utilità economica dalla loro prestazione lavorativa oltre che contribuire al conseguimento dello scopo mutualistico per cui la cooperativa è sorta oppure di tipo “svantaggiato”.

I lavoratori svantaggiati operano nellc cooperative di tipo “B”, i cui settori sono diversi da quelli socio sanitari od educativi, riservati alle cooperative di tipo “A”.

Per assumere la qualifica di “lavoratore svantaggiato” occorre rientrare in determinate categorie di soggetti per cui è prevista una tutela sociale la cui elencazione è contenuta in una legge del 1991 e in ulteriori decreti e atti della Pubblica Amministrazione.

La retribuzione e la disciplina normativa dei soci lavoratori cosi come previsto dall'articolo 13 del D.Lgs. n.112 del 2017 che ha disciplinato l'impresa sociale deve essere comunque ancorato alle pattuizioni dei contratti collettivi nazionali.

I SOCI VOLONTARI

Questa figura di socio costituisce la peculiarità delle cooperative sociali nell'ambito imprenditoriale tradizionale e una delle figure su cui si basa il Terzo Settore in Italia.

Il socio volontario offre la propria prestazione lavorativa in forma gratuita, in quanto spinto da fini solidaristici e di sensibilità sociale: ad esso puo' essere riconosciuto solo ed esclusivamente un rimborso delle spese effettivamente sostenute nell'interesse della cooperativa, regolarmente documentate e secondo quanto stabilito dalla cooperativa nei propri regolamenti interni.

E' escluso quindi un rimborso a forfait ed è esclusa anche la remunerazione dell'eventuale capitale investito.

Questa figura di socio deve comunque essere prevista nello statuto della cooperativa.

A livello di tutela lavorativa occorre comunque garantire l'assicurazione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (di solito calcolata su retribuzioni convenzionali) nonché l'assicurazione RCT.

Con la riforma del Terzo Settore e la nuova disciplina dell'impresa sociale non basta che i soci volontari siano iscritti in apposita sezione del libro soci: occorre tenere e redigere un apposito registro dei volontari.

Il loro numero non puo' eccedere quello dei soci lavoratori ma i volontari possono essere eletti negli organi sociali e hanno diritto di voto.

In definitiva il loro impiego deve costituire misura complementare e non sostitutiva dei soci lavoratori: questo soprattutto nei casi di partecipazione dellc cooperative di tipo “A” (servizi socio sanitari od educativi) a bandi pubblici, convenzioni o gare di appalto pubbliche.

Le modalità di organizzazione dei volontari, il loro numero, la loro efficienza, il loro impatto sulla vita della cooperativa e quello sociale sono tutti elementi che devono essere ben evidenziati nell'ormai obbligatorio bilancio sociale.