Studio Commercialista-CAF dott. Froso

IL NUOVO REGIME FISCALE DELLE ATTIVITA' COMMERCIALI SVOLTE DALLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE (APS)

Il 1 gennaio 2022 dovrebbe entrare in vigore il nuovo regime fiscale per le attività commerciali, di carattere secondario rispetto alle attività principali, svolte dagli Enti del Terzo Settore (ETS).

Tale regime è stato disciplinato nel Titolo X del Codice del Terzo Settore (Decreto Legislativo numero 117 del 3 luglio 2017).

Ho usato il verbo condizionale in quanto l'effettiva entrata in vigore è legata da un lato all'attivazione pratica del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, dall'altro all'autorizzazione necessaria della Commissione dell'Unione Europea, in quanto il regime fiscale disciplina anche l'imposta sul valore aggiunto (IVA), disciplina che va necessariamente armonizzata tra gli stati facenti parti dell'Unione Europea. 

In questo articolo tratto in modo specifico il nuovo regime fiscale previsto per le Associazioni di Promozione Sociale (APS).

CHI SONO LE APS?

Le APS sono enti “no profit” cui lo Stato ha da sempre fornito tutele e privilegi in quanto ritenute meritevoli di tali benefici, sulla base dell'attività di promozione sociale e solidale svolta sul territorio, tra i cittadini.

Una Circolare del Ministero delle Finanze, la numero 124 del 12 maggio 1998 le definì come le associazioni che promuovono la solidarietà ed il volontariato nonché l'aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive al fine di innalzare la qualità della vita”.

Prima del Codice del Terzo Settore la legge che le disciplinava era la numero 383 del 2000; per le agevolazioni di carattere fiscale sono altresi citate in norme tributarie quali l'articolo 148 del DPR 917/86, l'articolo 4 del DPR 633/72, l'ex comma 9 dell'articolo 10 del D.Lgs. 460/1997 (la norma che disciplinava le ormai prossime “al pensionamento” ONLUS).

Prima della creazione del RUNTS era facoltà delle APS di iscriversi ad un registro tenuto a livello di regione, ottenendo una sorta di “riconoscimento” (non giuridico però....): con il RUNTS solo l'iscrizione nell'apposito elenco puo' garantire il mantenimento della natura pubblicistica di associazione di promozione sociale (al di la del riconoscimento di personalità giuridica o meno). 

E' importante comprendere la differenza tra quelle attività che la legge considera commerciali e quelle che considera non commerciali: nel primo caso l'associazione deve aprire una posizione IVA per gestire quelle attività considerate comemrciali, nel secondo caso puo' operare solo con il codice fiscale.

LA REGOLA GENERALE DELLA NON COMMERCIALITA' PER LE ATTIVITA' SVOLTE DAGLI ETS 

Il principio generale prevede all'articolo 79 del Codice del Terzo Settore che non siano considerate commerciali solo queste due tipologie di attività:

  • svolte in forma gratuita;

  • svolte con la richiesta di un corrispettivo che non ecceda il totale dei costi diretti. Mi è stato piu' volte chiesto cosa sono i costi diretti? Ebbene dovete considerare come direttamente imputabili al bene o servizio cui si riferisce il corrispettivo non solo i costi variabili ma anche la parte di costi fissi che non necessitano di una ripartizione proporzionale ma che possono direttamente essere afferenti al bene o servizio che la APS cede.

LE REGOLE PARTICOLARI PER LA NON COMMERCIALITA' DI ALCUNE ATTIVITA' SVOLTE DALLE APS

Le APS godono dunque di un regime fiscale piu' agevolato (articolo 85 del Codice del Terzo Settore): rispetto alla regola generale sopra indicata non sono considerate commerciali:

  • le attività caratteristiche svolte per la promozione sociale prevista nello statuto, anche attraverso la richiesta di corrispettivi specifici, purchè svolte nei confronti di:

  1. propri associati e famigliari conviventi con gli stessi;

  2. associati di altre organizzazioni che fanno parte di un'unica organizzazione nazionale e che hanno finalità ed attività similari 

  • non sono altresì considerate commerciali (seppur non ai fini IVA) le cessioni a pagamento di proprie pubblicazioni, legate alle attività sociali, effettuate nei confronti di associati e famigliari;

  • la vendita di beni ricevuti da terzi come donazioni, purchè non vengano coinvolti intermediari e non si organizzi tale attività con le caratteristiche di una vera e propria impresa comemrciale

IL CASO DEI BAR GESTITI DALLE APS E L'ORGANIZZAZIONE DI VIAGGI E SOGGIORNI TURISTICI GESTITI DALLE APS

Il Codice del Terzo Settore mantiene la grande e singolare agevolazione fiscale in merito alla gestione di bar (somministrazioni di alimenti e bevande, in sostanza “tavola fredda”) esistente in Italia prima della riforma.

Le APS che o singolarmente o attraverso una rete associativa nazionale, riconosciuta dal Ministero dell'Interno ed iscritta in un apposito registro, ai sensi di una legge del 1991 (la numero 287, riferimento articolo 3 comma 6 lettera e) (ad esempio ARCI, ACLI) hanno la possibilità di continuare a godere di tale agevolazione.

L'attività di bar o anche l'attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici che gode del medesimo beneficio devono essere svolte obbligatoriamente ed unicamente presso la sede associativa.

Ci sono altre condizioni da rispettare:

  1. le attività devono essere complementari rispetto a quelle statutarie principali;

  2. non ci si puo' avvalere di cartelloni pubblicitari, post su Facebook ed altre forme che veicolino il messaggio pubblicitario a terzi in quanto ci si puo' rivolgere solo ed esclusivamente ai propri associati;

  3. tutte le attività devono essere svolte nei confronti esclusivo degli associati o dei famigliari conviventi.

Vorrei porre la massima attenzione su questo ultimo punto: la normativa dell'articolo 85 del Codice del Terzo Settore deroga in qualche modo a quanto indicato all'articolo 148 comma 5 pertanto le due norme vanno coordinate: se prima della riforma veniva, ad esempio, un tesserato “nazionale” alla ARCI (ovvero non iscritto ad una singola associazione) lo potevo servire al bar senza scontrino fiscale adesso, leggendo il tenore della legge, devo emettere il “documento commerciale” con il registratore telematico e considerare il corrispettivo ai fini della futura dichiarazione dei redditi!

Posso continuare a considerare non commerciale solo la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti dei mieiassociati e dei famigliari conviventi.

Sarebbero esclusi anche gli associati di altre organizzazioni facenti parte della medesima rete associativa nazionale.

LE ATTIVITA' DELLE APS SICURAMENTE COMMERCIALI

Si considerano sempre commerciali, se svolte dietro il pagamento di un corrispettivo:

  1. cessione di beni nuovi prodotti per la vendita;

  2. somministrazione di pasti (ristorazione);

  3. erogazione di gas, acqua, energia elettrica...;

  4. servizi di alloggio, bed and breakfast, albergo, trasporto, deposito;

  5. servizi di porti e aereoporti;

  6. spacci aziendali e mense;

  7. fiere ed esposizioni:

  8. organizzazione di viaggi e soggiorni turistici (eccetto quanto specificato sotto);

  9. servizi di pubblicità;

  10. tele e radio comunicazioni.

COME VENGONO TASSATE E FATTURATE LE ATTIVITA' COMMERCIALI DI UNA APS ?

Una volta individuate le attività commerciali di una APS e una volta avuto un numero di partita IVA per svolgerle, come dobbiamo comportarci in termini di adempimenti e versamenti? Come dobbiamo fatturare i corrispettivi?

Partiamo da questo ultimo punto: per le attività per cui il legislatore prevede una facoltà di emissione della fattura (articolo 22 DPR 633/72) è sufficiente che l'APS si doti di registratore telematico ed emetta i cosiddetti “documenti commerciali”.

Negli altri casi è necessario emettere fatture vere e proprie che potranno solo essere in forma elettronica (digitale) in quanto le APS non potranno piu' applicare il regime forfettario di cui alla legge numero 398/91.

Circa gli adempimenti la normativa del Codice del Terzo Settore, articolo 86, introduce un nuovo regime forfettario, opzionale (attraverso una “spunta” nella dichiarazione dei redditi che si presenterà nel 2023..o nella richiesta di apertura di partita IVA se ancora non fatta....) per le APS con giro di affari sino a 130.000 euro annui

Cosa prevede? Sul totale dei ricavi da attività commerciali va applicata una aliquota del 3% ed il risultato è l'importo su cui andrà calcolata l'imposta, ovvero l'IRES, pari oggi al 24%.

In definitiva l'IRES è il 24% del 3% dei ricavi commerciali.

Un po' piu' complicato è il calcolo della base imponibile ai fini di un'altra imposta, assimilata alle dirette, la famigerata IRAP: non mi dilungo in tecnicismi ma posso dire che in genere costituisce, grazie a numerose detrazioni, un carico tributario di minore dimensione, rispetto all'IRES.

E l'IVA? Sarete felici di sapere che le APS che opteranno per tale regime saranno esonerate dalla rivalsa dell'imposta: non la indicheranno in fattura e non la dovranno versare allo Stato. Chiaro che non potranno neanche detrarla a monte.....per quella pagata ai fornitori........

Ci sono eccezioni particolari nel caso di acquisto di beni per importazioni, acquisti e cessioni tra paesi comunitari, rapporti con soggetti non residenti (ad esempio fattura di avvocato francese...).

Le APS hanno l'obbligo di conservare sia i documenti fiscali passivi (ricevuti) che attivi (emessi, quindi in conservazione sostitutiva) ma non hanno obblighi di vera e propria tenuta di contabilità, ai fini fiscali: sarà sufficiente integrare le normali scritture contabili che si redigono ai fini della redazione del rendiconto annuale da depositare presso il RUNTS.

Devono però presentare la dichiarazione annuale dei redditi e la dichiarazione IRAP.

Non sono infine tenute ad operare le ritenute di acconto, ad esempio, sulle fatture ricevute dai liberi professionisti.

L'Organo di Controllo obbligatorio negli Enti del Terzo Settore (ETS)

Cos'è l'Organo di Controllo degli Enti del Terzo Settore (ETS)?

È una figura professionale, composta da un solo membro o da più membri, preposta a un controllo sia di rispetto delle norme legali (cosiddetto “controllo formale”), sia civilistiche che contenute nel Codice del Terzo Settore (CTS) (D.Lgs. 117/2017), applicabili agli ETS, nonché ad un controllo “di contenuto”, ovvero di rispetto delle finalità civiche, solidaristiche, che ogni ETS deve sempre mantenere come prioritarie.

Quest'ultimo tipo di controllo prevede una verifica del bilancio sociale dell'ente ove queste finalità vengono esplicitate attraverso la modalità di redazione inspirata dall'articolo 14 del Codice del Terzo Settore.

Infine l'Organo di controllo ha una funzione sulla valutazione continuativa dell'assetto organizzativo dell'ETS (adeguatezza o meno rispetto alle finalità), incluso quello contabile amministrativo e del controllo interno.

Quali Enti del Terzo Settore hanno l'obbligo di nominare l'Organo di Controllo?

Tutte le Fondazioni iscritte al RUNTS per le e videnti finalità sociali che perseguono, gli ETS che hanno destinato un patrimonio (vincolato) ai sensi dell'articolo 10 del CTS.

Cosa prevede l'articolo 10? Gli enti del Terzo settore dotati di personalita' giuridica ed iscritti nel registro delle imprese possono costituire uno o piu' patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi e per gli effetti degli articoli 2447-bis e seguenti del codice civile. Si tratta in sostanza di una segregazione di una parte del patrimonio a scopi specifici e vincolanti per l'Organo di Amministrazione.

Infine le associazioni ETS, sia con personalità giuridica che senza, che abbiano superato per due esercizi di seguito, a partire dal bilancio 2018, i seguenti parametri.

  1. Totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 110.000,00 euro;

  2. Ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000,00 euro;

  3. Dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 5 unità.

In occasione dell'approvazione del secondo bilancio procedono a nominare l'Organo di Controllo.

Quali ETS hanno l'obbligo di nominare il revisore contabile?

Anche nell'ambito dell'obbligo di nomina di uno o piu' revisori o di una società di revisione che si occupi del controllo legale dei conti, l'ETS per due esercizi consecutivi deve superare questi parametri.

  1. Totale dell’attivo dello stato patrimoniale 1.100.000,00 euro;

  2. Ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate 2.200.000,00 euro;

  3. Dipendenti occupati in media durante l’esercizio 12 unità.

L'Organo di Controllo puo' assumere la funzione di revisione?

Si, certo. In tal caso tutti i componenti dell'Organo di Controllo devono essere iscritti presso il Registro dei Revisori Legali presso il Ministero di Giustizia.

Quali requisiti devono avere i componenti nominati nell'Organo di Controllo ETS?

L’organo di controllo può essere monocratico o composto da più membri: è lo Statuto dell'ETS che fa fede in tal senso così come particolari requisiti professionali richiesti.

Il componente dell’organo monocratico o almeno uno dei componenti dell’organo collegiale dovrà esser scelto fra gli iscritti:

  1. nella sezione A Commercialisti dell’albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili;

  2. nell’albo degli Avvocati;

  3. nell’albo dei Consulenti del lavoro;

  4. i professori universitari di ruolo, in materie economiche o giuridiche.

  5. gli iscritti nel registro dei Revisori legali.

I membri non devono possedere cause di incompatibilità e devono essere indipendenti rispetto all'ente ed all'Organo Amministrativo ed infine possedere i requisiti di professionalità richiesti, in primis quelli sopra elencati.

Durano in carica un triennio, o anche piu', sulla base delle esigenze ragionevoli dell'ETS. I membri dell'Organo di Controllo devo valutare costantemente che permangano i requisiti richiesti, valutare la propria capacità a svolgere l'incarico, valutare con attenzione il tempo e le energie da dedicare all'espletamaneto dell'incarico: si pensi alla partecipazione necessaria alle riunioni del Direttivo o dell'Assemblea dei soci o dell'Organo di Indirizzo nelle Fondazioni ma anche alla valutazione delle dimensioni dell'ETS, il settore di attività, l'assetto organizzativo, soprattutto amministrativo, e altre caratteristiche peculiari. Il membro dell'Organo di Controllo, tuttavia, puo' essere un associato, ad esempio, all'ETS.

Chi non puo' diventare membro di Organo di Controllo negli ETS?

Ai sensi dell'art. 2399 del Codice Civile non puo' accettare l'incarico chi:

a) è interdetto;

b) è inabilitato;

c) è sottoposto a liquidazione giudiziale;

d) è stato condannato a una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità a esercitare uffici direttivi;

e) è amministratore dell’ente;

f) è amministratore di enti o di società direttamente o indirettamente controllati dall’ente;

g) è coniuge, unito civilmente, parente o affine entro il quarto grado degli amministratori dell’ente;

h) è coniuge, unito civilmente, parente o affine entro il quarto grado degli amministratori di società controllate;

i) è legato all’ ente o agli enti o alle società da questo direttamente o indirettamente controllati da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.

Oltre a questo ci si dovrebbe astenere anche nei casi di:

  1. rischi di auto-riesame (controllo di dati che egli stesso o altri soggetti appartenenti alla sua rete hanno contribuito a determinare),

  2. interesse personale (conflitto di interessi),

  3. esercizio di patrocinio legale (sia a favore che controil soggetto sottoposto a revisione),

  4. familiarità ovvero di intimidazione derivanti da relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro, personali o di ogni altro genere instaurate tra l’ETS da controllare e il membro dell’organo di controllo o la sua rete e dalle quali un terzo soggetto, informato, obiettivo e ragionevole, trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del revisore risulti compromessa

Quali atti caratterizzano il lavoro dell'Organo di Controllo?

Certamente le attività di riscontro di fatti censurabili, le denuncie ex art. 2408 C.C. (quelle fatte dagli associate proprio all'Oragno di Controllo) ed ex art. 2409 C.C. (denunzie al Tribunale) costituiscono gli atti tradizionali.

Tuttavia, a detta dello scrivente, si ritiene che debba prevalere una funzione “anticipatrice” delle denunzie sopra citate.

In questa fase l'Organo di Controllo diventa un “suggeritore”, un “consulente”, che accompagna l'ETS nell'adeguarsi alle norme di legge o statuto o anche solo di prassi o di “buona” amministrazione, onde evitare successive fasi litigiose o di intervento della magistratura.

La contabilità istituzionale degli enti non commerciali

I numeri, i conti ed il mondo delle attività umane e sociali prive di scopo di lucro: due binari paralleli che nei decenni passati non sempre si sono toccati.

Inquadriamo cosa significa tenere la contabilità di un Ente No Profit generico (userò l'acronimo ENP), di una Associazione Sportiva Dilettantistica (ASD) ovvero di un Ente del Terzo Settore (ETS) includendo in questo ultimo gruppo anche le Associazioni di Promozione Sociale (APS) e le Organizzazioni Di Volontariato (ODV).

Per gli ETS specifico che quanto riportato sotto non vale per le imprese sociali.

Le rinnovate esigenze informative 

Spinti da necessità di carattere fiscale e di controllo, i legislatori che si sono succeduti nel tempo hanno progressivamente ristretto il cerchio.

Il principio “io ti premio ma tu devi essere trasparente e cristallino” è stato quindi il “leit motiv”, direi almeno degli ultimi 40 anni.

Tuttavia il peso sempre piu' marcato del mondo del terzo settore, e delle attività non commerciali in genere, sulla produzione nazionale di servizi e beni, è stato altresi un fattore determinante per la necessità di sistemi contabili di supporto, che esprimessero chiarezza e veridicità verso tutti i portatori di interesse che gravitano intorno alla realtà no profit, a partire dai donanti (di denaro e di lavoro) e dai finanziatori, per arrivare allo stato e al fisco.

Un'altra necessità che ha portato gli enti a redigere una contabilità, anche volontaria, è data dalla verifica periodica dei requisiti di mantenimento della qualifica di “ente non commerciale”, per i tanti enti che dispongono di partita IVA e svolgono anche attività “fatturabili”: le scritture contabili, se redatte correttamente possono costituire una prova a favore dell'ente.

L'insieme dei conti: al centro di un sistema contabile

Chi ha studiato e ha nel cuore la vecchia “economia aziendale”, quando ancora di chiamava “ragioneria”, non può non ricordare in primis che quando si parla di contabilità si intende l'utilizzo di conti, ovvero di elementi che sono veri e propri aggregati di valori omogenei, espressi in valuta monetaria.

A me piace sempre la metafora del “conto” quale “cassetto”, un cassetto contenuto in un grande armadio dove i conti costuiscono la cassettiera dell'armadio ed il rendiconto o bilancio di esercizio la struttura vera e propria dell'armadio, con tante grucce all'interno!

Ma da dove nascono i “valori omogenei” che andiamo a collocare all'interno dei conti?

Dalle singole attività compiute dal nostro ente non commerciale, attività che vengono “scomposte” attraverso una matrice creata sulla base di specifiche esigenze.

Il cosiddetto “piano dei conti” ha una struttura piramidale, su piu' livelli dove il livello piu' basso dovrebbe misurare i valori piu' omogenei, suddivisi in base alla natura dell'operazione rilevata.

Ecco perchè si parla di “mastri”, “conti”, “sottoconti” a seconda della grandezza contabile di riferimento.

L'utilizzo dei conti ci consente in tempi rapidi di ottenere informazioni semplicemente aprendo ….un “cassetto”!

Gli obblighi di contabilità generale per gli enti no profit generici (ENP) e le ASD

Diciamo subito per chiarezza che per gli enti non commerciali non sussistono, relativamente alla attività istituzionale (escludiamo quindi quelle commerciali con partita IVA), obblighi giuridici di natura contabile in quanto le norme impongono solo obblighi in ambito amministrativo a valle, ovvero in termini di rendicontazione annuale, attraverso il rendiconto o bilancio.

Nulla vieta che tali obblighi possano invece derivare dallo statuto dell'ente, ad esempio, ma anche da valutazioni di opportunità degli amministratori, in relazione alle dimensioni e modus operandi dell'ente.

Chiaro che nessun rendiconto o bilancio può essere però realizzato senza la tenuta di forme, anche elementari, di conti, intesi come imputazione di valori omogenei.

Di norma il rendiconto per gli enti di piccole dimensioni viene redatto seguendo criteri finanziari (entrate e uscite di cassa/banca/carte di credito/pay pal ecc...) mentre per gli enti piu' grandi seguendo il criterio economico-patrimoniale, con esposizione quindi del patrimonio, dei crediti, dei debiti ecc....

In passato ci sono state indicazioni sia da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti che della ex Agenzia per le ONLUS sui limiti per adottare un rendiconto di “pura cassa” ma non hanno mai assunto al rango di norma giuridica.

Il sistema contabile utilizzato è chiaramente legato al criterio con cui viene redatto il rendiconto o bilancio.

Non è raro incontrare nella prassi professionale enti che fanno molta confusione su questo punto.....

Con quali formalità adottare le scritture contabili?

Se parliamo di enti di ridotte dimensioni, con un rendiconto redatto con criteri finanziari sono sufficienti registri cartacei o elettronici (ad esempio fogli excel) di cosiddetta prima nota o di libro giornale a partita semplice, con pochi conti (di norma quelli di banca/cassa) addebitati/accreditati per ogni singola operazione registrata.

Non ci sono schemi da seguire, obbligatori, tuttavia consiglio di rispettare sempre la cronologicità e l'ordine nelle registrazioni, anche in contabilità semplici.

Per gli enti che redigono un rendiconto con criteri economico patrimoniali il consiglio è quello di utilizzare sistemi di rilevazione piu' complessi con un vero e proprio piano dei conti e un sistema contabile che utilizzi metodi adeguati tra cui quello della partita doppia che è in assoluto il piu' usato, con almeno l'addebito/accredito di due conti per ogni operazione rilevata e di rilevazioni particolari non presenti in una contabilità per cassa, connesse agli studi di ragioneria che il redattore dovrebbe aver conseguito.

Gli obblighi di contabilità generale per gli ETS (ADV, APS eventuali ASD ETS) e le ex ONLUS in genere

L’art. 87 CTS (D.Lgs 117/2017) disciplina gli obblighi contabili di tutti gli ETS.

Per tali enti “in relazione all’attività complessivamente svolta, le scritture dovranno osservare i requisiti della cronologia e sistematicità e rappresentare analiticamente le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione (questi obblighi si considerano assolti anche se la contabilità consta del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità agli artt. 2216 e 2217 del codice civile); in relazione all’attività svolte con modalità commerciali, le scritture contabili dovranno essere quelle previste dalle disposizioni di cui all'art.18 del D.P.R. n. 600/1973”.

In tale ambito, dunque, esiste un vero e proprio obbligo normativo di redazione di una contabilità che non sia “a partita semplice” ma che rispetti i criteri sia di cronologicità che di sistematicità: in poche parole occorre adottare una contabilità di tipo ordinario.

L'eccezione generale riguarda gli ETS che nell'ambito della attività istituzionale non abbiano conseguito entrate superiori a 220.000 euro: in questo caso è consentita la tenuta di una contabilità di tipo semplificata, basata su criteri finanziari in quanto anche il rendiconto puo' essere redatto con questi criteri.

Obbligo ed esenzioni simili erano poste già per le ex ONLUS iscritte al registro tenuto dall'Agenzia delle Entrate.

Per gli ETS l'approvazione in data 5 marzo 2020 con un decreto ministeriale degli schemi obbligatori di bilancio o rendiconto da depositare al Registro Unico Nazionale Terzo Settore ha comportato una necessità di rielaborazione del piano dei conti utilizzato internamente, al fine di rendere piu' omogenei i valori contabili disponibili dal sistema contabile utilizzato, con quelli richiesti dagli schemi fissi di bilancio.

La contabilità fiscale e quella generica di interesse generale: separati in casa

La prima dicotomia netta è quella che ci porta a dover separare due tipologie di conti: quelli legati ad eventuali attività commerciali fiscalmente svolte in via residuale e quelli legati all'attività tipica, ormai definita “istituzionale”.

La prima forma di contabilità segue regole di carattere “fiscale”, spesso sulla falsariga delle regole applicate alle imprese dalle normative che interessano tributi specifici, come l'IVA, mentre il secondo tipo di contabilità non ha contorni cosi precisi ma puo' fare riferimento piu' in generale alle esigenze di rendicontazione e di bilancio dell' ente, previste da norme tributarie, a partire dall'articolo 20 del DPR 600/1973 per arrivare all'articolo 148 comma 3 del DPR 917/1986 e dall'articolo 4 comma 4 DPR 633/1972, per gli enti associativi.

Chiaro però che la contabilità fiscale non è avulsa da quella generale dell'ente ed è per questo che sono “separate in casa”: i riflessi dell'attività commerciale dovranno comunque essere evidenziati anche nella contabilità generale e quindi poi nel rendiconto o bilancio annuale obbligatorio.

Come fare a separare tali contabilità?

Se da un lato per esigenze fiscali basta curare la compilazione di un registro cartaceo o elettronico separato, il mio suggerimento è di non limitarsi alla separazione fisica dei registri ma di integrare la contabilità generale dell'ente con mastri e/o conti dedicati alle entrate e alle spese riferite all'attività commerciale (quella con partita IVA).

La contabilità di interesse generale e quella delle raccolte fondi: separati in casa pure questi!

Non solo la contabilità fiscale va separata da quella piu' generale, ma anche le spese e le entrate relative a campagne di sensibilizzazione per la raccolta di fondi, a celebrazioni, a ricorrenze.

Questa necessità deriva anch'essa dalle modalità di espressione di tali valori all'interno del piu' generale rendiconto o bilancio dell'ente: oltre a far parte della contabilità generale, infatti, l'articolo 20 del DPR 600/1973, secondo comma, ha imposto da tanti anni la necessità di separata indicazione di proventi e spese legati alla campagna di raccolta fondi, attraverso rendiconti specifici da approvare entro 4 mesi dalla chiusura dell'esercizio.

Tale necessità di rendicontazione deriva per le ASD, anche da normative di carattere tributario agevolativo (mancata tassazione degli introiti sulla base di un numero massimo di eventi/anno).

Come fare quindi a separare la contabilità delle raccolte fondi?

Il mio consiglio è di farlo tramite l'individuazione di mastri (gruppi di conti) e/o singoli conti dedicati alla raccolta di entrate e spese riferite alla singola raccolta fondi.

APS, ODV, ENTI DEL TERZO SETTORE: I LIMITI ALLE TARIFFE E IL MANTENIMENTO DELLA QUALIFICA

La basilare gratuità delle prestazioni

Lo spirito con cui nasce la riforma del Terzo Settore è impregnato del concetto di gratuità delle prestazioni che un tipico ente del Terzo Settore, non impresa, dovrebbe fornire.

Le fonti di finanziamento di tali enti, proprio perchè dotati del “bollino” di qualità di iscritto al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, dovrebbero sorgere da finanziamenti pubblici e privati, donazioni, elargizioni.

Tuttavia quasi mai queste fonti si rendono sufficienti a coprire costi e spese.

Una APS (Associazione di Promozione Sociale) ma anche una ODV (Organizzazione Di Volontariato) spesso devono chiedere contributi specifici a titolo di rimborso delle spese sostenute sia per la cessione di beni che per la prestazione di servizi che non sono considerati “commerciali” ovvero delle attività di interesse generale di cui all'articolo 5 del Codice del Terzo Settore (D.Lgs.117/2017), incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche.

Per gli ETS diversi il caso ricorre anche piu' spesso, avendo di sicuro meno accesso a bandi, contributi a fondo perduto e a convenzioni con enti pubblici, rispetto ad una APS od ODV..

Ci sono dei limiti alla fissazione delle tariffe?

Certamente si.

Il Codice del Terzo Settore impone che i contributi specifici chiesti ai soci e ai loro famigliari o conviventi siano strettamente legati ai costi/uscite effettivi di produzione o acquisto del bene o servizio fornito.

Attenzione, stiamo parlando di operazioni rientranti nell'ambito dell'attività istituzionale, l'attività di interesse generale tipica!

Nell'ambito delle attività “diverse”, anche di natura commerciale, che devono comunque rimanere secondarie e marginali, il nostro ente sarà libero di operare le tariffe che vuole operando una sorta di tassazione, ancorchè forfetizzata, sui margini di guadagno ma dovrà pur tenere presente i limiti generali di svolgimento previsti per queste attività diverse, sotto descritti.

Cosa sono i costi effettivi?

In assenza di specifiche normative in tal senso la dottrina (Ordine Commercialisti) si è espressa per la considerazione del costo pieno ovvero il costo che include sia le uscite/costi di diretta imputazione che quelle di indiretta imputazione come le spese generali, finanziarie e di natura tributaria dell'ente.

Queste spese indirette a volte di notevole difficoltà di imputazione.

Quale criterio oggettivo uso infatti per ripartirle?

Criterio finanziario o economico?

Ma sia le entrate/ricavi legate ai contributi specifici richiesti che i costi/uscite che criterio seguono: quello della materiale uscita dalle casse sociali nel periodo di riferimento o quello economico-patrimoniale?

Se il nostro ente ha entrate inferiori ai 220.000 euro per periodo ritengo che debba seguire solo il criterio finanziario, viceversa interviene il criterio economico-patrimoniale che richiede competenze tecniche di un contabile adeguatamente preparato.

Come faccio a controllare il rispetto dei limiti per le attività istituzionali?

In questo caso la norma è chiara: le entrate derivanti dai contributi dei partecipanti, finanziamenti pubblici e privati (entrate dalle attyività di interesse generale) non possono superare il 6% dei costi effettivi sempre relativi a tali attività.

Se supero il limite per tre anni consecutivi, divento ente commerciale con stravolgimento contabile ed amministrativo a partire dal periodo successivo allo “scoccare” del superamento nel terzo anno consecutivo..

Un soggetto favorito: le APS

Gli articoli 85 e 86 del Codice del Terzo settore riservano alle APS ambiti di attività che non sono comunque considerate commerciali e che quindi forniscono sia notevoli risparmi di costi tributari sia il fatto che non partecipano al calcolo del superamento del limite sopra descritto per la valutazione della natura dell'ente: commerciale o non commerciale.

Si tratta di:

  1. le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al settanta percento da enti del Terzo settore ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera m);

  2. le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali;

  3. le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato;

  4. la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da bar e esercizi similari, nonché l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici

Come faccio a controllare il rispetto dei limiti per le attività diverse, ad esempio di natura commerciale?

L'elemento da cui partire è il bilancio o rendiconto di esercizio.

Il limite da rispettare in ciascun anno sarà uno dei seguenti:

  1. i ricavi relativi alle attività diverse non dovranno essere superiori al 30 per cento delle entrate complessive dell’ente;

  2. i relativi ricavi non siano superiori al 66 per cento dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.

Nel calcolo dei costi complessivi devono tenere in considerazione anche i costi figurativi sotto indicati ma non devono essere considerati i proventi e gli oneri generati dal distacco del personale degli enti del terzo settore presso enti terzi mentre tra le entrate sono escluse le attività di sponsorizzazione.

Il criterio scelto per il non soframento dei limiti deve essere definito dall’organo di amministrazione in sede di relazione al bilancio.

In caso di superamento occorre informare entro 30 giorni il RUNTS ma nell’esercizio successivo si puo' rimediare applicando il criterio massimo di calcolo, ovvero il rapporto deve essere inferiore alla soglia massima per una percentuale almeno pari alla misura del superamento dei limiti nell’esercizio precedente.

In tal caso non mi traformo in ente di natura commerciale.

I costi figurativi

I costi figurativi sono:

  1. i costi relativi all'impiego di volontari abituali iscritti nel registro dei volontari determinati in base al calcolo delle ore di attività prestate, della retribuzione oraria lorda prevista dai corrispondenti contratti collettivi nazionali di lavoro;

  2. le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni e servizi, misurate sulla base del loro “valore normale”;

  3. la differenza tra il valore normale dei beni e servizi acquistati per lo svolgimento dell'attività istituzionale ed il loro effettivo costo di acquisto.

Partita IVA per tutte le Associazioni: proroga al 2025

La proroga che dal 1 luglio 2024 sposta al 1 gennaio 2025 l'apertura obbligatoria della partita IVA per la quasi totalità delle Associazioni, organizzazioni del mondo "No Profit" ed Enti del Terzo Settore è solo uno spostamento nel tempo di un obbligo che diverrà una certezza.

Un certezza in quanto applicazione di una normativa la cui origine è europea e sappiamo cosa accade in questi casi....la reticente Italia, già in procedura d'infrazione da anni, dovrà adeguarsi..

L'Unione Europea infatti ha obbligato l'Italia ad adeguare la normativa interna circa l'obbligo per tutte le organizzazioni del no profit, quelle di natura essenzialmente associativa, di aprire una posizione IVA, accanto proprio tradizionale codice fiscale, necessario per tutti gli atti amministrativi.

Perchè devo aprire una partita IVA se non faccio attività commerciali?

Non vendo beni nuovi, non faccio pubblicità a qualche imprenditore, mi limito a svolgere la mia attività non commerciale verso i miei soci, che è quello per cui io e la mia organizzazione siamo nati ....

Ebbene a breve anche i servizi che io svolgo per i miei soci: servizi culturali, sportivi, come un corso, una lezione, un seminario, un evento culturale ecc....per cui io chiedo un contributo al mio socio per coprire le spese, l'affitto, i docenti, gli istruttori ecc...sono tutti servizi che diventano ESENTI IVA.

Direte voi: ma lo erano già!!

No, non lo erano.

Prima erano FUORI CAMPO IVA, adesso diventano esenti.

E sapete qualìè la differenza? Che le operazioni esenti vanno fatturate e vanno quindi fatturate con fattura elettronica, non posso piu' usare i vecchi ed osoleti blocchetti di fatture cartacee.

Mi devo dotare quindi di una contabilià non piu' tenuta anche con un semplice file excel.....serve un vero e proprio software di contabilità, quelli che usano i commercialisti, che mi permetta di stampare annualmente i libri IVA a norma e procedere a registrazioni a norma.

O in alternativa posso comprare i vecchi registri IVA cartacei ma i rischi di incorrere in errori sono elevatissimi.

Esistono possibilità di opzioni che possono comunque agevolare le organizzaizoni ma in ogni caso la registrazione delle fatture passive per acquisto di beni e servizi dai miei fornitori, di tutte le fatture, sia relative ad eventuali attività commerciali che quelle relative alla mia attività tipica non commerciale, sono obbligato a farla, e non posso piu comprare con scontrino, sarò obbligato a chiedere la fattura!!

Insomma, se prima avevo bisogno del commercialista ogni tanto, a breve è assolutamente consigliabile farsi seguire, soprattutto in fase di impostazione contabile, da un commercialista che sia specializzato nella materia, le sanzioni con la partita IVA sono infatti da non sottovaluate.

A chi giove tutto cio?

Piu' spese, piu' burocrazia, e meno tempo da dedicare al sociale.

Dal lato della Pubblica Amministrazione, però, la possibilità di porre un'altra lente di ingrandimento su un settore economico ove spesso si cela un'evasione fiscale e contributiva di notevole entità ma soprattutto un abuso legale di realtà associative fittizie che mascherano vere e proprie attività commerciali.